L’amore ai tempi del mieloma non è un romanzo né un racconto.
È una storia di vita autobiografica ambientata a Roma nel 2013.
La diagnosi di una grave malattia costringe il protagonista a confrontarsi con un mondo a lui prima sconosciuto ed egli lo fa in maniera lucida e diretta.
La malattia è come una giostra, ci puoi trovare tante persone che fanno cerchio attorno a te, e tutto gira e si mischia: il pianto e il riso, l'ansia e la speranza. Finché non scendi. E ti ritrovi a casa.
Il tempo, non più dedicato solo al lavoro, diventa una risorsa preziosa per informarsi, leggere libri, ma anche per scrivere di quello che accade, consacrando la scrittura come parte integrante della terapia stessa.
La malattia, inoltre, obbliga alla solitudine, a guardare dentro sé stessi, a cercare una spiegazione teleologica, ad un fato che sembra voglia accanirsi contro di noi e soltanto contro di noi.
Certo, è un libro in cui la malattia è presente, anzi, è l'elemento scatenante. Ma ancor più presente è l'amore, quel moto incessante che ci costringe a cercare e ad andare avanti, ad essere sempre persone e non "malati".
Le pagine del libro racchiudono l'antidoto spirituale alla malattia, quell'amore che, lungi dal frasario melenso dei cioccolatini, si declina in una serie di "amori": l'amore per i medici, l'attenzione alla loro vita, al loro percorso accademico e umano, ai piccoli particolari;
l'amore per i medicinali, umanizzati e amici, anche se lasciano strascichi pesanti (come certe amicizie, del resto); l'amore per i libri, perché la cultura è ciò che ci rimane quando abbiamo perduto tutto il resto;
l'amore anche per le tasse, l'odiato argomento che attanaglia la nostra esistenza, ma che in realtà garantiscono tanti dei nostri diritti;
l'amore per gli amici, che cercano di essere vicini, lontani, molesti, presenti; per i colleghi con cui passiamo tanto della nostra vita, estranei e vicinissimi, con il loro imbarazzo di non sapere cosa fare e dove guardare.
L'amore, in tutte le sue infinite e multiformi incarnazioni, non sconfigge le malattie, questo è certo, ma è altrettanto certo che impedisce che la malattia divenga l'unica dimensione della vita.
L'uomo non è la sua malattia. È una creatura meravigliosa, simile ad un angelo nel movimento, nell'intelletto simile a Dio. E non è la malattia ad impedire che rimanga tale.
Virginia Woolf scrive “Considerato quanto sia comune la malattia, appare davvero strano che non figuri insieme all’amore, alle battaglie e alla gelosia tra i temi principali della letteratura”.
Non sappiamo se la malattia potrà mai essere un tema di letteratura ma sicuramente è un tema di vita che fornisce al protagonista una nuova dimensione: la profondità.
|