Nel presente saggio abbiamo descritto in breve le rivoluzioni napoletane del 1647, 1799 e 1943. Esse dimostrano che il popolo napoletano non sempre ha accettato di subire passivamente soprusi, angherie e si è ribellato con la rivolta popolare. In verità, possiamo considerare rivolte puramente popolari quella del 1647 e del 1943, in quanto esse hanno coinvolto l’intero popolo. Anche tra queste due c’è una differenza non marginale, infatti la prima, cioè quella del ’47 ha avuto come protagonista Masaniello che con un manipolo d’uomini è riuscito a far insorgere tutto il popolo. La causa sono state le gabelle messe sulla frutta, quindi una causa prettamente economica non ideologica, in quanto Masaniello mai ha gridato e fatto gridare contro il regime spagnolo a Napoli. La seconda, invece, quella del ’43 non ha avuto un vero e proprio comandante, il popolo si è aggregato a gruppi e alla sua testa si sono messi ufficiali. Di questa rivoluzione noi possiamo vedere protagonisti anche i ragazzi e ricordiamo il più piccolo caduto, Antonio Caputo di appena 8 anni. Questa rivoluzione non è stata ideologica, ma ha spinto i napoletani a ribellarsi ai tedeschi che occupavano Napoli e se non l’avessero fatto, l’intera città, forse, sarebbe stata distrutta. Il ponte alla Sanità, ad esempio, è stato minato perché doveva impedire alle truppe alleate di inseguirli verso Roma. La rivoluzione del 1799, invece, non è stata solo popolare, anzi è stata soprattutto ideologica, voluta da aristocratici e intellettuali napoletani che hanno prospettato di creare una Repubblica partenopea sul modello di quella francese, infatti la considerano consorella della transalpina. Essa fallisce, allorché Napoleone lascia alle guarnigioni locali la difesa di queste Repubbliche dovendosi imbarcare per la campagna d’Egitto. La Repubblica Napoletana cade non solo per il Cardinale Ruffo che alla testa di un esercito formato anche da briganti (Michele Pezza detto Fra diavolo) partendo dalla Calabria arrivano a Napoli combattendo contro i patrioti. In verità il popolo napoletano non dà una mano ai rivoluzionari perché è stato sempre lasciato ai margini del disegno politico dei patrioti del ’99.
Ettore Avellino |