Presentazione di Fabrizio Fasano:
Dopo avere letto il romanzo della scrittrice Bianca Fasano "Un corpo, un cervello", non si può poi ritornare a guardare le quotidiane cose con l’occhio un po’ pigro di prima.
E questo sebbene I media oggi ci bombardino di notizie che mettono alla prova la nostra fede in realtà che ritenevamo certe, eredità dalla nostra infanzia; sebbene internet pulluli di pseudo-scienziati pronti a guidarci attraverso arzigogolati sentieri, spinti dal desiderio di una comprensione olistica di ciò che ci circonda, per poi lasciarci tristemente spaesati davanti la pagina di un sito che vorrebbe venderci la crema tachionica che ringiovanirà la nostra pelle; sebbene insomma oggi non faccia certo clamore la teoria alternativa e scioccante, ma ahimè se ne è fatto un commercio a volte venuto a noia.
Non rimaniamo indifferenti invece a questo scritto, e questo essenzialmente perché il libro è una storia, che non tocca la cognizione e non vuole convincere, ma tocca la nostra parte viscerale ed emotiva, ed in essa istilla le domande, i dubbi, domande e dubbi che vissuti nella magia della narrazione diventano nostri così come non potrebbero se spiegati da una rivista scientifica.
Come se non bastasse il calore emotivo che ci coinvolge man mano che proseguiamo a sfogliare le pagine, c’è da aggiungere che in un’era in cui la scienza si sforza di dimostrare come le colonie di batteri che vivono nel nostro corpo possano influenzare, attraverso una simbiosi sviluppatasi in milioni di anni, i nostri comportamenti, le proposte di riflessione del romanzo si calano alla perfezione in tematiche più che calde.
Cosicché, consci di non trovarci propriamente all’interno di un romanzo di pura fantascienza, viviamo con i personaggi tutto il loro percorso fino anche al loro capogiro nell’affacciarsi sull’abisso di incertezza, siderale abisso, al quale arrivammo giocando ad essere Dio, e nel quale forse ritroviamo il nostro bisogno di un Dio. Un Dio nuovo, trasformato, dove le scritture vanno riscritte o meglio re-interpretate.
L’atavica domanda “Chi siamo?” viene trasposta in “dove siamo?”, “quali sono i luoghi della nostra essenza?” è essa confinata in una materia? In uno spazio? Esiste davvero una essenza (un’anima?) che possa essere messa in relazione ad un io? O anima e materia sono infine un continuo divenire per cui i pronomi cessano di avere un senso? Nel fluire delle nuove domanda che si inanellano attraverso intrighi e colpi di scena, c’è una costante forse? Potrebbe essere il desiderio di possesso e controllo di questa nostra essenza e di quella altrui, o potrebbe essere invece il sentimento dell’amore… O essi stessi non sono che l’indistinta emanazione di una gretta realtà dove materia si nutre di materia? Lascio a voi la scelta della risposta una volta che avrete letto il libro. Solo un umile suggerimento: occhio alla Madre. |