Il presente lavoro tratta di un momento letterario in cui la poesia lascia l’armonia e la metrica tradizionale. Noi pensiamo che il momento storico della prima guerra mondiale, del fascismo e della seconda guerra mondiale abbiano spinto i poeti ad usare un linguaggio nuovo privo di orpelli che esprima con crudezza la sofferenza interiore degli artisti. Il poeta Quasimodo, ad esempio, mette in evidenza nella sua lirica che ha dovuto lasciare la cetra appesa ai salici per vedere i pali del telegrafo ridotti a croci su cui sono inchiodati uomini. Certo il linguaggio scarno della poesia non è facile da capire e solo uomini che hanno subito sofferenze possono cogliere il suo significato profondo. Ungaretti e Quasimodo più si avvicinano, per la loro durezza di linguaggio, perché il primo parla di soldati morti in trincea con cui poco prima parlava e scherzava, Quasimodo, invece, parla dei morti causati dai tedeschi. Lasciamo al lettore il giudizio sul nostro modestissimo lavoro.
Ettore Avellino
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